Genova – Da quella “au tuccu”, omaggio a Genova, a quella milanese con la mortadella, passando per la versione dolce gusto tiramisù e quella vegetariana: l’importante è che, da buona polpetta, sia tonda, fragrante e saporita. Da questo principio è partito Paolo Vanni, storico gestore del Berio Café, che dopo il cambio di gestione (obbligato) ha deciso di iniziare una nuova avventura e aprire… una polpetteria.
Il nuovo locale si chiama “Scio polpetta”, in omaggio alla Superba, e ha aperto i battenti in piazza Matteotti, in una zona diventata ormai un punto di riferimento per gli appassionati dello street food: «Ristoranti che offrivano nel menù le polpette c’erano già, ma non specializzati solo su quello. Sicuramente non a Genova, che io sappia neppure in Liguria – ci ha spiegato Vanni con l’entusiasmo e la cortesia che lo hanno reso un punto di riferimento, per anni, per i frequentatori della biblioteca Berio – Diciamo che la polpetta è un prodotto italiano tipico, ogni regione ha la sua, pensata per recuperare gli avanzi. Noi l’abbiamo declinata in diverse versioni, e ne abbiamo dedicata una a Genova con quella al “tocco”. Ma abbiamo anche il panino con le polpette, la ricetta vegana, e una speciale attrezzatura dedicata ai celiaci».
Il menù del “Scio Polpetta”, a pochi giorni dall’apertura, comprende 20 tipologie diverse di polpette a seconda degli ingredienti: carne bianca e rossa, pesce, verdure, e persino cocco, cereali e noci per i dolci. E la clientela pare apprezzare: «Nei primi giorni di apertura siamo stati presi letteralmente d’assalto, sia da turisti incuriositi sia da genovesi – è la conferma di Vanni – Via San Lorenzo e Matteotti si sono ormai trasformati in un asse fondamentale per la città, e sarebbe bello che il Comune facesse qualcosa per trasformarla in una sorta di “rambla”: qui attorno ci sono diversi imprenditori della ristorazione che hanno investito nella zona, inaugurando locali diventati ormai punti di riferimento, ma ci sono poche attività commerciali legate alla Liguria e a Genova. Molti clienti stranieri sono entrati chiedendo se potevamo vendere pesto, olio e altre specialità…».
Fonte: Il Secolo XIX